PARLANDO DI RISCALDAMENTO GLOBALE, OGNI GIORNO






Dove ci porta tutto questo?
Come scrive Stuart Jordan in un articolo uscito sullo Skeptical Inquirer, 
Come cittadini preoccupati dobbiamo considerare che stiamo affrontando un processo decisionale articolato su due passaggi. Il primo passaggio [il secondo sarebbe quello politico che introduce i problemi economici] è comprendere bene la scienza. Non c’è dubbio che un’ampia maggioranza della comunità di ricercatori scientifici pensi che il cambiamento climatico innescato dal riscaldamento globale sia dovuto principalmente a gas serra di origine antropica. Che rimanga un numero di ricercatori assai più piccolo in disaccordo, e che nessuno possa esprimere certezze circa questo complesso problema è altrettanto vero. Ciò rende relativamente facile, per coloro che vogliono ritardare o prevenire un intervento, dichiarare al pubblico che è in atto una grande controversia in ambito scientifico, insinuando che un intervento, e specialmente un intervento costoso, sarebbe fuori luogo. (Traduzione di Enrico Adami)

COSA NE PENSANO GLI ITALIANI: RICERCHE DAL 2007 AL 2009

Da una ricerca condotta nel 2007 (Valeria Arzenton, Osservatorio Scienza e Società 2007, Un’iniziativa di Observa – Science in Society, con il sostegno della Compagnia di San Paolo) per gli italiani il clima sta cambiando ma non perché lo dicono gli scienziati.
Si tratta (per oltre un quinto degli intervistati in questa ricerca) di un problema attualmente rilevante a livello mondiale, secondo alla povertà nel terzo mondo ma ben avanti ad altre tematiche come i conflitti tra religioni e le incertezze legate ai cicli dell’economia.
Addirittura, secondo una ricerca dello stesso periodo, gli italiani sono molto più preoccupati di francesi, tedeschi, austriaci e nordeuropei, avvicinandosi alla percezione diffusa in altri Paesi mediterranei quali Grecia, Spagna e Portogallo (Standard Eurobarometer 67, 2007)


Dalla tabella emerge chiaramente che il 90% degli italiani si dicono convinti che il clima della terra stia effettivamente diventando sempre più caldo contro un 10% di intervistati che esprimono diniego o perplessità.
Tale convenzione inoltre risulta dal fatto che ci si poggia sulle proprie convinzioni personali (60.5%); solo al secondo posti gli italiani hanno formulato tale pensiero perché ammettono l’esistenza di studi scientifici che lo dimostrano (16.9%).
Dunque per quasi due intervistati su tre il mutamento climatico è constatabile osservando l’alterazione delle stagioni e in particolare il fatto che le estati sono sempre più calde e gli inverni meno freddi.



Nel 2008, in un articolo comparso su observa.it in occasione della conferenza “Ethics and climate change”, emerge che “il clima è evidentemente ancora considerato una questione su cui la percezione diretta e individuale è una guida nel complesso affidabile. Ciò è particolarmente vero nel caso di cittadini che non dispongono di un’ampia varietà di strumenti conoscitivi e interpretativi di carattere scientifico”.
A questo proposito viene infatti presa in considerazione la variabile sul livello di istruzione e di alfabetizzazione scientifica.

[Immagine da novafiere.it]
  •      Gli intervistati con un titolo di studio elevato e con conoscenze significative sulla scienza tendono a fondare maggiormente la loro opinione sulle dimostrazioni scientifiche del fenomeno: infatti, riguardo la tesi del riscaldamento globale, il 40% dei laureati sostiene appunto che ci sono studi scientifici che dimostrano il riscaldamento globale, contro il 13% dei meno istruit
  •      Nella stessa maniera, però, l’incertezza e lo scetticismo tendono ad aumentare tra le persone con un elevato titolo di studio: ciò probabilmente è dovuto al fatto che le divergenze di opinione tra gli scienziati e le prove scientifiche contrastanti riportate dai media giocano un ruolo preminente, rispetto alla conoscenza fattuale.
Tale studio ha inoltre riconosciuto il fatto che “gli scienziati sono gli attori che godono di maggiore credibilità fra la popolazione quando di tratta di affrontare e dibattere su questioni scientifiche” e faticano a influenzare l’agenda pubblica sulla questione del riscaldamento globale.

Un ultimo punto trattato riguarda la sensibilità e la valorizzazione, oltre che la conoscenza, di quello che gli Stati hanno fatto sul riscaldamento globale: “quasi un italiano su due (48%) è in grado di identificare correttamente il Protocollo di Kyoto come un accordo internazionale per ridurre le emissioni inquinanti”.

[Immagine da it.wikipedia.org]

Tuttavia, ancora una volta è il livello di istruzione a giocare un ruolo dominante sulla conoscenza dell’argomento: “ tra i laureati, oltre l’80% ha chiari i termini dell’accordo, rispetto al 37% dei meno istruiti. Si noti peraltro che una più precisa conoscenza del protocollo è collegata a una più robusta percezione del ruolo dei dati scientifici circa la natura e la portata dei cambiamenti climatici”.
Naturalmente la mancata conoscenza di protocolli e legislazioni non per forza implica il disinteresse da parte degli italiani, che al contrario sono “sempre più preoccupati per le condizioni ambientali delle loro città e si dicono disponibili a sostenere - anche a livello individuale - strategie e azioni utili per far fronte al problema del cambiamento climatico”. 




Nel 2009 si è assistito, in un certo senso, ad un cambio di rotta.
L’Osservatorio Scienza e Società di Observa ha svolto un’ulteriore ricerca (anche in vista dell’avvinarsi della conferenza internazionale di Copenhagen), da cui è emerso che gli italiani sono meno sensibili ai mutamenti del clima, come il riscaldamento globale, ma tuttavia cresce la rilevanza dei dati scientifici (che appunto, nella ricerca condotta nel 2007, rivestivano un’importanza secondaria sulla considerazione del fenomeno da parte dei cittadini).


  • Rispetto al 2007, i cittadini convinti che il clima stia effettivamente cambiando sono diminuiti dal 90% al 71,7%.
  •  Ma, per quanto riguarda la rilevanza dei dati e degli studi scientifici, nel 2007 per Due italiani su tre la percezione del riscaldamento del pianeta era fondata sull’esperienza personale. Nel 2009 c’è stata un’inversione di rotta e i dati forniti dagli scienziati sono decisivi per il 38%, soprattutto tra i laureati - un dato quasi raddoppiato rispetto al 18,7% del 2007.
  • Aumenta anche, tra gli incerti, la consapevolezza che il dibattito scientifico crea forte disaccordo (51.2%).
  • Rimane invece debole l’influenza delle organizzazioni ambientaliste: solo il 13% (un dato stabile) attribuisce loro un ruolo rilevante nella propria percezione che il clima stia cambiando.
  • Resta in ogni caso elevata l’attenzione sul tema: il 63% si considera informato sul cambiamento del clima.
[Immagine da oltrelacoltre.com]


Questo video girato a Venezia (dove però non ci sono solo veneziani!) mostra le opinioni dei cittadini alle porte della conferenza di Copenaghen del 2009.




Fonti:
PER GLI ITALIANI IL CLIMA STA CAMBIANDO, MA NON PERCHÉ LO DICONO GLI SCIENZIATI di Valeria Arzenton, Osservatorio Scienza e Società 2007 (www.observa.it/view_page.aspx?ID=540&LAN=ITA)


Osservatorio Scienza e Società di Observa, Italiani meno sensibili ai mutamenti del clima, ma cresce la rilevanza dei dati scientifici, Observa  – Science in Society, 2009


Valeria Arzenton e Massimiano Bucchi, Gli italiani e la scienza. Primo rapporto su scienza, tecnologia e opinione pubblica in Italia, in Observa Science in Society, Annuario Scienza e Società 2008, Ergon Edizioni 2008 (www.observa.it/view_page.aspx?ID=540&LAN=ITA)

I LOCAL CITIZIENS DEBATES

I Local citiziens debates rappresentano un’esperienza attuale che riguarda la discussione sul cambiamento climatico, il macro fenomeno che comprende anche il riscaldamento globale.
Nati in seno al dibattito del climate change, costituiscono il cuore del progetto ACCENT, Actionon Climate Change through Engagement, Networks and Tools, un programma che ha coinvolto nell’arco di due anni quindici tra science centres, musei scientifici e acquari tra Europa e Israele. Protagonista in questo senso è stata Observa, partner del progetto, che ha fatto dei debates un format di dibattito locale: il Local Citizens Debate (LCD).

[Immagine da servizisegreti.com]


Come si può leggere nell’articolo della dottoressa Silvia Caprioglio (qui la versione integrale) “sono 25 gli LCD organizzati tra Europa e Israele e che hanno visto scienziati di istituti di ricerca locali, stakeholders, decisori politici e organizzazioni della società civile confrontarsi con i cittadini […]. I cittadini hanno avuto l’opportunità di discutere sia tra loro che con un panel di esperti e di raccogliere osservazioni e raccomandazioni sul climate change ai differenti livelli – indirizzate ai media, agli scienziati, al governo locale, nazionale o europeo – da far pervenire all’Ue”.
Si è trattato di un progetto ambizioso ma che ha colto nel segno il suo obiettivo: “far sorgere l’interesse e stimolare i dibattiti sul cambiamento climatico, i rischi e gli impatti sia per il grande pubblico sia per i politici e le altre parti interessate […], coinvolgendo in particolare i cittadini, in modo che possano attivamente contribuire a ridurre i cambiamenti climatici attraverso le loro azioni” (Silvia Caprioglio, Giuseppe Pellegrini, Chiara Segafredo, The ACCENT on Climate Change, ObservaScience in Society, 2011; la brochure completa è disponibile qui).

Quel che emerge chiaramente da questa ricerca è che i cambiamenti climatici sembrano essere visti come un fenomeno lontano, spesso associato al riscaldamento globale e allo scioglimento delle calotte polari al Polo Nord, oltre a tutte le conseguenze sull’ambiente locale.

Molti cittadini chiedono di essere meglio informati, dalle istituzioni e dai media, e di ricevere precise indicazioni su quello che possono fare nel loro piccolo per combattere il cambiamento climatico; in particolar modo vorrebbero sapere di più su quanto le loro azioni possono contribuire per ridurre le emissioni di anidride carbonica.

Dai debates non emerge la mancanza di informazioni: la questione è come il fenomeno è presentato. L’informazione è intermittente, confusa, allarmante e contraddittoria. Di conseguenza diventa difficile comprendere un dibattito o delle decisioni prese: “it’s difficult to translate knowledge into action”, è difficile tradurre la conoscenza in azione (Cfr., Swedish LCD).

La scienza appare divisa, incapace di fare certezza e dare risposte definitive. Ciononostante  le persone ancora danno fiducia alla scienza e alla sua capacità di tamponare la mancanza di informazioni.
Giornalisti e scienziati dovrebbero cooperare per incrementare l’informazione e sanare la confusione, attraverso un “regular dialogue”, un dialogo regolare (Cfr., Swedish LCD).

In Italia l’influenza dei mass media nella pubblica percezione del cambiamento climatico è particolarmente evidente.

Video di un servizio del TG2 che tratta del cambiamento climatico

È emerso che i media non sono neutrali; involontariamente distorgono  l’informazione a causa delle loro pratiche (speculazione) e intenzionalmente distorgono l’informazione per i propri fini.

Per combattere questo problema un ruolo centrale è visto nella scuola: i giovani saranno i principali protagonisti del futuro che verrà. È importante che pensare globalmente e agire localmente.

Concludendo, generalmente le persone sono più interessate agli aspetti politico – economici, piuttosto che scientifici. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che la scienza è percepita come qualcosa di distante.
Fermare il cambiamento climatico è una sfida globale gli sforzi devono essere coordinati.

Fonti:
Silvia Caprioglio, Giuseppe Pellegrini, Chiara Segafredo, The ACCENT on Climate Change, ObservaScience In Society, 2011

Un ringraziamento particolare al prof. Giuseppe Pellegrini per i materiali gentilmente forniti.